Argonauti
TITOLO Argonauti
REGIA Giorgio Barberio Corsetti
CAST Filippo Timi, Fortunato Cerlino, Milena Costanzo, Filippo Dini, Damien Fournier, Agnès Fustagueras Puig, Sophie Kantorowicz, Axel Minaret, Federica Santoro
ANNO 2005
INFORMAZIONI Giorgio Barberio Corsetti assieme a Raquel Silva cura il progetto – prodotto da «Fondazione Musica per Roma» e «Fattore K» – di Argonauti, ispirato alle Argonautiche, il lungo poema epico giovanile di Apollonio Rodio, poeta e studioso, nato ad Alessandria intorno al295 a.C., discepolo di Callimaco, capo della Biblioteca di Alessandria, costretto all’esilio a Rodi, da cui gli derivò il soprannome. E’ una delle più note storie di viaggio dell’an-tichità, quella di significato panellenico che originò la coscienza della nazione greca. Argonauti racconta le imprese di quel mitico gruppo di eroi – tra cui Ercole, i Dioscuri, Teseo Piritoo, Peleo, Telamone, Meleagro, Orfeo – che, guidati da Giasone, figlio di Econe – re di Ioco, in Tessaglia, spodestato dal fratello Pelia – andarono alla conquista del Vello d’oro. L’ambito trofeo era la preziosa pelle di un prodigioso ariete alato, che Frisso, figlio di Atamante, re di Boezia, ebbe dalla madre Nefete, dea delle nubi, per fuggire e sottrarsi alle persecuzioni della matrigna Ino. In sella al-l’animale, raggiunta la lontana Colchide – sulle rive del Mar Nero – Frisso lo sacrificò a Zeus con intento propiziatorio lasciando che se ne impossessasse Eeta, il re di quella regione. Pelia, volendo ottenere il prezioso trofeo, strinse un patto con suo nipote Giasone: se gli avesse riportato in patria il Vello d’oro gli avrebbe restituito il trono da lui usurpato al fratello. Armata la nave Argo, così chiamata dal nome del costruttore – la prima che avesse mai solcato i mari, costruita con l’aiuto di Atena – Giasone ed i suoi audaci affrontarono un lungo viaggio per mare e molte difficili prove superate con l’aiuto di Medea, la figlia di Eeta, innammoratasi di lui. Recuperato il Vello, questa lo seguì per vivere con lui a Corinto ed avere da lui due figlioletti che uccise quando lui la ripudiò per amore di un’altra. Le storie dei personaggi sono raccontate fino all’imbarco per l’avventura collettiva, per poi proseguire con il viaggio, gli inganni, le violenze per ottenere la mitica pelle, l’amore di Medea per Giasone. Corsetti ritorna al “tempo degli eroi”, quindi all’azione, alla violenza, alla sfida ed alla paura ad essa connessa. Ma per lui ogni mitologia è improntata alla natura brutale dei giganti, che danno origine al mondo, ma che ne determinano anche la fine. Vede gli dei come esseri umani, fin troppo umani, straccioni e divini, eroici e picareschi, per citare Nietzsche, e hanno anche una forte propensione all’alcool. Perciò li avvicina a noi ambientando la vicenda nei nostri tempi, come se anche noi moderni potessimo far parte di una siffatta ciurma e simili imprese fossero ancora possibili. E per meglio rendere questa suggestione, nella sua regia predispone un insolito allestimento ludico che accostando momenti di teatro ad acrobazie circensi, nuova tecnologia e materiali primordiali, inquadra il tutto in un’unica visione scenica. Accentuando temi e tecniche già affrontati nei precedenti lavori teatrali, lo fa con fantasia ed ironia – a volte grottesca, a volte comica – divertendosi a mescolare parole ed immagini, movimento e video, musica e manipolazioni sonore. In proposito lui stesso dice: «Argonauti è stato concepito fin dall’inizio come un viaggio, non solo perché racconta l’attraversamento di mari e luoghi sconosciuti e impervi, ma perché immaginato come uno spettacolo adattabile a condizioni di spazi e di allestimenti molto diversi tra loro. Infatti, dopo la creazione–debutto avvenuta nella cavea dell’Auditorium a Roma che è una piazza e nello stesso tempo un teatro, ha iniziato il suo viaggio approdando in spazi profondamente diversi: teatri, capannoni, anfiteatri all’aperto. Lungo il percorso, lo spettacolo si trasforma, si arricchisce di episodi, si adatta e prende vita e forza dall’energia dei luoghi dove viene rappresentato. È possibile pensare ad azioni eroiche e simboliche? Quanto nell’agire nostro contemporaneo rimane di quelle imprese originarie? Non è forse presente in ogni avventura che intraprendiamo, laggiù nello sfondo, il luccichio del vello d’oro?» La scenografia è illuminata, astratta ed essenziale, fitta di strutture mobili, adattabili, duttili, plurifunzionali, sistemate, a varie quote, nello spazio sovrastante il palcoscenico, costituite da ponti e tralicci per sostenere voli aerei, cavi d’acciaio facilmente riposizionabili che attraversano lo spazio, grandi teli, gru, trapezi, tappeti elastici, funi sospese, un sofà–nave spostato a braccia dagli stessi attori e, dove è possibile, acqua e fuoco. Ma cuore pulsante dell’intero lavoro – secondo il consolidato stile che caratterizza l’universo teatrale dell’autore–regista – sono i corpi degli eroi, degli attori acrobati sollecitati ancora una volta a incredibili prove fisiche e mentali, a perizie acrobatiche e vocali degne dell’impresa in cui si sono imbarcati. E naturalmente c’è musica dal vivo, immagini, video, tutto per raccontare la storia degli eroi, da dove vengono, chi sono, come si sono ritrovati insieme per il viaggio. Quelle storie diventano le nostre, quando a un certo punto della nostra esistenza decidiamo di imbarcarci in un’impresa di qualsiasi genere, un progetto di vita, anche solo con la fantasia. Il cast è costituito da attori italiani e da artisti di circo francesi e catalani, undici persone in tutto, che da tempo collaborano con questo regista e costituiscono, con lui, il cuore della compagnia fattore K. Secondo la sua direzione di ricerca negli ultimi anni, non esiste in scena nessuna separazione tra attori e artisti di circo: le discipline circensi si fondono con l’arte attoriale per raccontare le storie dei personaggi. Visivamente lo spettacolo è molto suggestivo: una scenografia essenziale – costituita da elementi adattabili e plurifunzionali che si muovono continuamente sul palco insieme agli attori – è arricchita dalle strutture già descritte. Con la sua mobilità anche l’allestimento risponde al concetto di viaggio: si tratta infatti di elementi scenici che si possono variamente e facilmente abbinare tra loro e ben riutilizzare anche in condizioni e in spazi diversi da quelli teatrali, come capannoni o anfiteatri. Ma, innanzi tutto, la scena è riempita dai corpi degli attori acrobati, instancabili nel saltare, volare, arrampicarsi, alternando una recitazione in posizione orizzontale ad una in posizione verticale. Dovendo apparire come moderni argonauti, vestono abiti correnti e interpretano più di un ruolo, cambiandosi spesso, e alternando parti buffe a parti tragiche.