IL GABBIANO
TITOLO
Il gabbiano
REGIA
Anton Milenin
CAST
Filippo Timi, etc…
ANNO
2001
INFORMAZIONI
Laboratorio Studio su IL GABBIANO di Cechov diretto dal russo Anton Milenen con la partecipazione della Compagnia teatrale di Giorgio Barberio Corsetti. Il laboratorio, inserito nell’ambito del Progetto Cechov dedicato all’ incontro fra attori italiani emergenti e giovani registi stranieri, si è tenuto agli inizi del 2001 presso il Centro Petralata di Roma. Le prove elaboravano tutte le funzioni di rapporto tra l’attore e il proprio corpo, tra l’attore e gli altri, tra gli attori e l’ambiente scenico, pur in assenza di una qualsiasi scenografia.
Durante le prove gli attori, a volte, in modo autonomo, a volte coralmente, misuravano la scena con i propri passi, con il proprio corpo disteso, con lo sguardo, dall’alto della propria statura o in modo radente con il viso a terra o per linee oblique con spostamenti e flessioni del corpo. Si mettevano in contatto con il corpo degli altri attori, cercando di accumulare magnetismo prima e poi di far agire il proprio magnetismo con quello degli altri, attraendosi, respingendosi, creando effetti di gravitazione e di deriva.
Le espressioni del volto e del corpo e la modulazione della voce erano un sistema complesso di equilibrio e di movimento nello spazio ma anche emissione radiante e insieme percettiva della scena. Gli attori provavano anche il rapporto del proprio corpo, registrandone il comportamento e le reazioni, con diversi tipi di abbigliamento. Grande attenzione era prestata alla sensibilità della superficie della pelle e delle sue sensazioni al confine con l’ambiente e con l’attenzione del pubblico. Attraversavano la scena, chiaramente percepibili, alcune interferenze di maniera e di esibizione chiaramente percepibili, alcune interferenze di maniera e di esibizione del metodo, la le frequenze autentiche, vibrate all’interno dell’attore ed emesse all’esterno, erano altrettanto evidenti, nette e sorprendenti, e portavano gli spettatori alla risonanza. Molto interessante anche il programma del regista definito “Entro i limiti di tenerezza”.
Il Gabbiano di Anton Cechov è un’opera invisibile. Muovendosi avanti nel tempo si muove indietro nel contenuto ed in questo modo sta ferma. E’ un medium. Nega quanto va profetizzando, perché profetizza la negazione. Provoca un’esplosione, un duello. Un duello fra il vecchio e il nuovo, fra il nuovo e il nuovissimo, fra il nuovissimo e il classico. Il Gabbiano nella scrittura è un’opera che vola, ma può presentarsi allo spettatore solo come gabbiano impagliato. E’ un ricatto, una provocazione, un fallimento. Autorizzata dalla censura esteriore, soggiace ad una censura interna. Se si dovesse suonare Il Gabbiano al pianoforte non basterebbero le dieci dita delle mani. Quest’opera è un fenomeno strutturale, contiene un codice segreto…. Come un imbuto l’opera aspira ogni movimento vitale del teatro e cresce come un fungo atomico, per sfasciarsi con sfumature e mezzi toni sempre più evanescenti…. Il Gabbiano è uno scherzo. Si può recitare solo “ENTRO I LIMITI DI TENEREZZA”.